Pensare politicamente

Identitarismo versus globalizzazione

Premessa

In questo testo evocherò due divinità greche, Estia (Vesta latina, il focolare) ed Ermes (Mercurio latino, il messaggero o angelo). Queste due rappresentavano istanze opposte, ma proprio per questo erano profondamente solidali e complementari. Estia rappresentava tutto ciò che evoca la casa come fissa, immobile, radicala nella terra, centripeta, conservante. Ermes rappresentava tutto ciò che evoca il movimento e il cambiamento, il passaggio da…a…, l’eterno divenire, il centrifugo, il cangiante. Ho usato questi due riferimenti mitici per render conto di una polarizzazione per lo più conflittuale nella politica e nella società occidentali. Questa opposizione tra convergenza e divergenza (che in molti casi può diventare interazione tra le due) può render conto della polarizzazione tra forze politiche conservatrici e progressiste tese al cambiamento[1].

Chiamerò quindi “estiaco” tutto ciò che in modo centripeto riporta alla stabilità e all’identità propria, “ermetico” tutto ciò che in modo centrifugo porta al mutamento e all’uscire da ogni identità predefinita.

Da tempo vediamo schierarsi due folle, anche filosofiche, tra loro in contrapposizione.

Da una parte una folla genericamente “di sinistra” che punta sulla Gemeinschaft, sulla “comunità a venire”, come focolare promesso attorno a cui una società troverà la propria coesione e pacificazione. Il comunismo – per quanto oggi possa essere annacquato – è nel fondo un comunitarismo, è a un tempo nostalgia e profezia di una comunità affratellata, che escluda la competizione e il conflitto tra i suoi membri.

Dall’altra c’è una folla genericamente “di destra”, neoliberale la si suol chiamare oggi, che non crede nella comunità e punta sulla Gesellschaft, sulla kantiana insocievole socievolezza, sul fatto che ogni individuo badi al proprio vantaggio e negozi con gli altri la massimizzazione di questo vantaggio. Comunque, credo che sia giunto il tempo di superare questa opposizione.

Nella realtà ogni società – quale più quale meno – deve essere capace di istanze comunitarie e di istanze societarie. Tra i due poli c’è sempre tensione, è vero, ma questo perché ogni società deve sfuggire al totalitarismo soffocante della comunità che non ammette devizioni individuali, come all’anarchia liquida di una società-mercato senza alcuna identificazione comune. Ogni società finisce col realizzare un equilibrio – che si rivela per lo più instabile – tra comunitarismo e societarismo.  Credo che le nostre società siano il prodotto di un riaggiustamento continuo, sempre ricominciato, di queste due istanze.

1. La doppia faccia del liberalismo

Prima che il XXI secolo divenisse il nostro presente, nei paesi occidentali il campo politico è stato scombussolato da una nuova opposizione, che sembrava sfuggire alla griglia che da un paio di secoli strutturava la vita politica occidentale, quella sinistra versus destra. Questa nuova opposizione può essere descritta come globalismo versus identitarismo. Ovvero, sia alla sinistra che alla destra globaliste, gli identitari oppongono quel che si chiama anche sovranismo. Ma io preferirò identitarismo, perché è la questione “dell’identità propria” a essere qui in questione. E ci si pone il problema di fino a che punto esso coincida con quel che si chiama populismo.

Gli identitari sono anche chiamati anti-sistema, e per “sistema” intendiamo il modello liberal-democratico che ha prevalso in “Occidente”. “Il sistema” è una combinazione di metodo democratico elettivo, di pluralismo politico e culturale, e di accettazione e protezione delle minoranze. 

Sin dagli anni 1980 il sistema politico italiano – basato sulla contrapposizione collaborativa tra partito comunista e democrazia cristiana – fu sfidato nel suo insieme dalla Lega Nord, che alla vocazione europeista e atlantica dei precedenti 40 anni oppose certi valori focolaristi: vernacoli e dialetti locali, tradizioni popolari, identità cattolica. Poi, con Salvini, la Lega ha abbandonato il nordismo secessionista, e ha trasportato gli stessi valori focolaristi, identitari, sul piano nazionale, ritrovando quindi una quasi perfetta sintonia con la destra neo-fascista.

La Lega – e movimenti affini in tutto l’”Occidente” – sono stati tacciati di populismo – termine che si affibbia a nuovi movimenti che non rientrano nelle griglie tradizionali di un sistema politico. Di fatto, poi, molti di essi si sono “rivelati” di estrema destra. Dobbiamo allora pensare che così tutto sia rientrato nell’ordine, ovvero che la polarità sinistra-destra continui a essere l’unica pertinente e credibile?

Eppure in questi ultimi anni abbiamo assistito a una mutazione impressionante di quella che tradizionalmente era la destra. Fino a poco tempo fa, le destre euro-americane erano essenzialmente improntate al liberalismo economico, erano anti-fasciste, e anche quando raccoglievano credenti delle varie chiese cristiane, tenevano ai margini i fondamentalisti religiosi. Figure come Adenauer e Kohl, De Gasperi e Moro, De Gaulle e Chirac, Lady Thatcher, Reagan e Bush Sr…, erano paradigmatiche di questa destra globalista, che aveva come progetto missionario il portare al mondo intero i valori del libero scambio mercantile e della democrazia pluralista. Negli ultimi anni, vi si sono sostituite figure come Trump, Boris Johnson, Putin, Orbán, Erdogan, Modi, Le Pen, Salvini e Meloni…, che hanno abbandonato il presupposto anti-fascista, internazionalista e liberale di quella che potremmo chiamare destra storica.

Il termine “liberali” espone a vari equivoci, dato che il termine in certi paesi designa essenzialmente la free market theory, la teoria che punta alla minimizzazione dello stato e alla massimizzazione del libero mercato. Invece in altri paesi, specialmente in USA, designa la sinistra liberal, che si batte per i diritti civili di tutti e per la tutela delle minoranze.

Oggi parte della sinistra intellettuale è polarizzata sulla critica al neoliberalismo, che secondo essa dominerebbe il mondo più industrializzato. Si dà però il caso che le teorie neo-liberali (di Von Hayek, von Mises, Milton Friedman, ecc.) oggi abbiano cessato di ispirare le grandi scelte politiche dei paesi più importanti a partire dalla crisi del 2008, e soprattutto dopo la crisi da coronavirus del 2020-21 e della guerra in Ucraina dal 2022. Abbiamo assistito cioè a massicci interventi nell’economia da parte dello stato e della politica, che stridono con il canone neoliberale. Oggi siamo in pieno revival keynesiano, ragion per cui ho l’impressione che la crociata anti-neoliberalismo da parte della sinistra soprattutto filosofica non colga il kairos.

Abbiamo dunque un doppio senso di liberale. C’è liberale nel senso di Gobetti[2], senso che giunge fino ai radicali di Pannella e Bonino: partecipazione della società civile alla vita politica, sostituire sempre più a uno stato repressivo e puramente normativo uno stato dei diritti e dell’eguaglianza giuridica. È liberale in senso libertario. E c’è liberale nel senso della teoria del mercato senza lacci e lacciuoli. Questi due sensi di liberale si possono sovrapporre in certi casi, non in altri.

Questa nuova destra anti-globalista e identitaria è avversa al primo senso di liberale. Come ha detto chiaramente Orbán, è una visione democratica ma illiberale. È il focolarismo della nuova destra, che è poi il ritorno dell’estrema destra filo-fascista.

2. Essere di sinistra, essere di destra

Il focolarismo della nuova destra detta populista non è solo cosa di idee ma anche cosa di composizione sociale. In tutto l’”Occidente”[3] il voto di estrema destra tende a essere il voto dei più anziani soprattutto maschi, di chi abita in piccoli centri o nelle campagne, delle persone con un più basso livello di istruzione, con un livello economico medio-basso, e di chi appartiene alla maggioranza etnica di un paese. È il voto dei left behind, di coloro che sono stati lasciati indietro nel movimento modernizzante. Un politologo italiano, Carlo Invernizzi Accetti, li chiama anche “gli sfigati”[4]. All’inverso il voto per la sinistra tende a essere il voto dei più giovani e delle donne, di chi abita nelle grandi metropoli, di chi ha un livello di istruzione più alto, di livello economico medio-alto, e di chi appartiene alle minoranze etniche di un paese (i neri e gli ebrei in USA, gli scozzesi in UK, i catalani in Spagna, ecc.)[5]. È il voto di coloro che chiamerei running ahead, che corrono in avanti, che sono più o meno all’avanguardia del processo. In Italia lo si chiama elettorato ZTL; in Francia gauche-caviar. Se non piace l’alternativa tra running ahead e left behind, possiamo usare quella di soddisfatti e insoddisfatti.

Quindi, il voto di sinistra oggi, sempre più, è un voto di soddisfatti del sistema democratico-liberale in cui viviamo; il voto di destra – o quello per populisti di sinistra – è di gente profondamente insoddisfatta di questo sistema. Da notare però che l’insoddisfazione non è necessariamente correlata a una maggiore povertà o a una minor ricchezza, ma a molti altri fattori, come prestigio, istruzione, possibilità di accedere a certi ambienti altolocati, creatività o meno del proprio lavoro, successo amoroso, ecc. Per esempio, è importante la differenza tra chi ama il proprio lavoro da una parte e chi invece lo detesta e lo sopporta come mezzo per guadagnarsi da vivere dall’altra, una differenza non meno importante di quella tra chi guadagna di più e chi guadagna di meno. Le differenze sociali non sono solo oggettive, ma anche e soprattutto soggettive. Cosa che un certo presupposto di primato esplicativo dell’economia – comune sia alla sinistra che alla destra – stenta a cogliere.

Nella terminologia che abbiamo proposto, di differenza tra Ermes ed Estia, Mercurio e Vesta, il voto per la sinistra è oggi sempre più un voto ermetico, quello per la destra estrema un voto estiaco. Poca cultura, vita provinciale, essere anziani e quindi meno dinamici, essere di basso livello economico, sono tutte connotazioni di focolarità: di un mondo che ha paura di un esterno minaccioso, di cambiamenti radicali, di un’apertura troppo accentuata. Non a caso la paura più presente in questo elettorato è quella degli immigranti, vissuti come l’Alter – l’Altro radicale – che invade e corrompe l’istessità nazionale.

Ma d’altro canto non possiamo ridurre la nuova destra detta populista a una restaurazione di un focolarismo pre-moderno. Come è noto, spesso questa destra degli “insoddisfatti” trova il proprio alleato considerato naturale proprio nella destra liberista. Schumpeter[6] aveva parlato della rivoluzione permanente da parte del capitalismo, ma è strano che, politicamente, i sostenitori del capitalismo liberista di solito sostengano i partiti conservatori, i tories britannici, il partito repubblicano americano, o partiti confessionali come la CDU tedesca. O almeno, così era fino a poco tempo fa. Da dove nasce questo strano coacervo che chiamiamo destra nei paesi “occidentali”?  

Come spiegare il fatto che il cinico lupo di Wall Street e il povero venditore di hamburger del Bible Belt del Middle West americano, persone abissalmente lontane in termini sociali, votino entrambi republican e si dicano conservative? Quella che chiamiamo destra è costituita in parte dal liberismo capitalista e in parte da una miriade di piccoli mondi antichi abbarbicati a valori tradizionali.

Per esempio, cosa spinge i bigotti cristiani verso partiti che vogliono ridurre le tasse ai ricchi? Non c’era bisogno di aspettare papa Francesco per accorgersi del fatto che il messaggio cristiano fondamentale non era né è del tutto congruente con il capitalismo e i valori liberisti. Anche Max Weber, in Etica protestante e spirito del capitalismo[7], riconosce che l’originario messaggio protestante non era affatto filo-capitalistico, anzi, era francamente anti-mercantile. E nel corso degli ultimi secoli non sono affatto mancate le “letture di sinistra” dei Vangeli.

Chiunque abbia il cuore a sinistra identifica il proprio schierarsi politico in un concetto semplice: essere dalla parte dei più deboli. Le sofisticate sovrastrutture teoriche di tanti marxisti o radical si basano su questa opzione di base.

Se qualcuno è cresciuto in una famiglia o in un ambiente di destra, la proposizione cardinale sarà invece: “La sinistra è composta da gente invidiosa che non vuole riconoscere il merito di chi ha accumulato ricchezza od onori grazie al duro lavoro e al proprio talento. Occorre che ciascuno sgobbi per farsi strada”. In sintesi: “Essere di destra è premiare il merito”. Questo spiega un certo riflesso pavloviano degli intellettuali di sinistra contro il concetto di “meritocrazia”, anche se, di fatto, l’insistenza della sinistra sulla “eguaglianza delle opportunità” è un progetto assolutamente meritocratico. Eguaglianza delle opportunità significa infatti, almeno di primo acchito, che si deve essere vincenti o perdenti indipendentemente dalle origini sociali di chi “corre” verso le posizioni più prestigiose, insomma per meriti propri.

Ma allora, esiste davvero qualcosa come l’ideologia conservatrice?

Nei paesi occidentali lo spettro politico è stato polarizzato secondo il modulo sinistra versus destra, e il cosiddetto centro si definisce attraverso questo asse come “tra sinistra e destra”. Eppure si discute ancora, in “Occidente”, che cosa significhi essere di sinistra ed essere di destra oggi.

Sul piano economico, le posizioni “di sinistra” e “di destra” si esprimono sempre con ricette che nel fondo non cambiano.

  • Essere di sinistra = alzare le tasse ai più benestanti per permettere allo stato di investire nel lavoro. Lo stato deve intervenire per promuovere lo sviluppo economico e diminuire le diseguaglianze di reddito.
  • Essere di destra = abbassare le tasse a tutti, minimizzare l’intervento economico dello stato e affidarsi all’iniziativa privata.

Le proposte economiche della sinistra e della destra si riducono per lo più a questa alternativa, al di là delle opportunità e contingenze storiche. Lo stesso disco gira e rigira.

Questo non significa che, quando governano, politici di sinistra e di destra facciano davvero quel che questi principi ideali suggeriscono. Spesso agiscono ben diversamente, quando le situazioni concrete impongono altre misure. Accadde così che nel 2008, nel pieno della grande crisi finanziaria, il governo U.S., pur essendo ufficialmente liberista, intervenisse estendendo le assicurazioni per i conti monetari di mercato attraverso garanzie temporanee; infrangendo così uno dei grandi dogmi del liberismo, che proibisce l’intervento dello stato nell’economia. All’inverso, molti governi di sinistra occidentali hanno proceduto a massicce privatizzazioni e liberalizzazioni per far decollare economie stagnanti. Queste infrazioni ai paradigmi ispiratori non sono misure occasionali ed eccezioni, ma al contrario, sono un dato strutturale fondamentale in politica. I partiti politici sopravvivono non – come si crede – quando restano sempre coerenti con i propri principi originari, ma quando riescono invece a discostarsene, a tradirli quando occorre.

Quando un partito all’opposizione ha un programma radicale, di solito non può seguirlo quando va al governo, perché la realtà del governare si mostra enormemente più complessa delle semplificazioni di qualsiasi programma politico, anche di quello meno demagogico. Se un partito vuole davvero applicare alla lettera il proprio programma di quando era all’opposizione, ne vengono fuori un Hitler o un Pol Pot cambogiano.

Quindi, nostro compito non sarà definire che cosa sia una tipica politica di sinistra e una tipica politica di destra, ma piuttosto quale sia il paradigma etico di fondo sia di chi opta per valori e politiche conservatrici che di chi opta per valori e politiche liberal. Anche se poi, di fatto, governi di sinistra e governi di destra finiranno col fare cose abbastanza simili.

3. Padre Severo e Mamma Che Accudisce

Il linguista e scienziato cognitivo George Lakoff (2002) ha cercato di rispondere a questa domanda, riportando la differenza tra sinistra e destra americane a due visioni diverse del mondo familiare[8]. Il suo presupposto è che “conservatismo e liberalism ‘centrali’ sono ideologie politiche coerenti” (p. 14). Questo presupposto contrasta con la percezione di incoerenza che molti hanno quando si confrontano con idee opposte alle proprie. La persona di sinistra trova certe scelte politiche conservatrici contraddittorie, aberranti o semplicemente ciniche. Insomma, non capisce la mentalità conservatrice. All’inverso, i conservatori non capiscono la mentalità di sinistra. Ciascuno pensa dell’altro che sia stupido o in malafede.

Lakoff, che non nasconde di essere liberal, cerca invece di descrivere l’ideologia conservatrice come un sistema coerente. Capire l’altro, insomma, equivale a cogliere la coerenza, e quindi la razionalità, del suo pensiero – una applicazione di quel che in filosofia si chiama principio di carità o interpretazione caritatevole[9]. Questo principio stabilisce che, quando ci si trova confrontati a un sistema di idee che appare contraddittorio o insensato, bisogna sforzarsi comunque di trovarne la logica a qualche livello.

Per Lakoff, portiamo nel registro politico certi modelli familiari, interiorizzati, per lo più, nell’infanzia. Se una persona di sinistra e una di destra parlano delle conseguenze della politica monetaria cinese o della guerra civile in Siria, mettiamo, di fatto leggono queste cose per loro vaghe o lontane sulla base di prototipi familiari.

Il modello familiare che organizza la visione del mondo conservatrice è quella del Padre Severo (Strict Father). Alla fonte della visione di sinistra vede il paradigma del Genitore che Nutre o Si Prende Cura (Nurturing Parent). Riprendo questi concetti variando la terminologia: parlerò qui non di Genitore, ma di una Madre che Accudisce, dato che il genitore sollecito svolge funzioni tipicamente materne.

Il nostro fondamentale atteggiamento politico sarebbe quasi sempre una trasposizione di questi due modelli. Per i conservatori lo stato dovrebbe essere una sorta di Padre Severo, per i liberals una sorta di Madre che Accudisce. Questo significa che le due concezioni politiche principali in “Occidente” sono sistemi morali.

Non entro nel dettaglio di come Lakoff descrive il sistema familiare del Padre Severo e della Madre che Accudisce.  Comuqnue, Lakoff si sforza di mostrare come tutte le divergenze politiche concrete siano deducibili da questi due insiemi di valori, così come si derivano corollari da un sistema formale. Le altre narrazioni che sembrano evadere dalla dicotomia sinistra versus destra vengono da lui riportate a varianti specifiche di questi due grandi sistemi morali, o a intrecci particolari tra i due.

Si prenda un conflitto biopolitico cruciale della nostra epoca come la liceità o meno dell’aborto. I conservatori affermano la loro opposizione all’aborto invocando su base religiosa il rispetto di ogni vita concepita. Ma secondo Lakoff si tratta di una razionalizzazione. Di fatto – sostiene – per loro il paradigma della situazione d’aborto è quello della ragazza promiscua che rimane incinta, e che poi vuole liberarsi del feto. Questa è per loro la situazione stereotipica. Ora, questa situazione-emblema trasgredisce la morale del Padre Severo: è segno di una mancanza di auto-disciplina e responsabilità da parte della donna, quindi, la ragazza scapestrata che resta incinta va punita costringendola a mettere al mondo un figlio che non vuole e a occuparsene in modo da confermare l’ordine morale. Insomma, le posizioni anti-abortiste sono ispirate piuttosto dal desiderio di punire chi trasgredisce l’ordine morale fondato sul primato del maschio e sull’idea che la sessualità vada esercitata solo nell’ambito della famiglia retta dal Padre Severo.

Invece, la sinistra è pro-aborto perché applica il paradigma liberal: occorre aiutare la ragazza incinta rendendole l’aborto meno rischioso; avere un figlio impedirebbe alla ragazza di realizzare pienamente la propria vita secondo i propri progetti, che in questo caso non sono di fare la casalinga; l’indulgenza sull’aborto discende dall’atteggiamento empatico nei confronti delle persone in difficoltà, ecc. Insomma, alla base della biopolitica conservatrice c’è una reazione del tipo “Che quella puttanella impari a darla in giro! Che adesso faccia la brava madre per riscattarsi!” Alla base di quella di sinistra una reazione del tipo “Bisogna aiutare questa povera ragazza non ancora pronta a essere madre!”

Questa ricostruzione di Lakoff delle due narrazioni ha però vari problemi. Soprattutto, egli non considera il fatto che questi due sistemi morali da un paio di secoli almeno si confrontano sempre più con la realtà della rivoluzione capitalista – mercantile, tecnoscientifica, liberale. Ora, la rivoluzione capitalista-liberista ha prodotto un proprio discorso specifico – di cui la stessa rivoluzione liberale è stato il risultato – che sfugge alla dicotomia moral-familista di Lakoff. Insomma, la realtà, anche morale, del mondo industrializzato moderno non è di destra né di sinistra, anche se destra e sinistra sono destinate, volenti o nolenti, a gestirla.

Abbiamo rappresentanti politici puri della rivoluzione capitalista: i partiti che di solito, in Europa, si chiamano liberali. Non liberals. Ma abbiamo visto che le figure emblematiche del mondo liberista – imprenditori, finanzieri, speculatori, banchieri, affaristi, ecc. – spesso non sono liberals ma preferiscono confluire con i conservatori del Padre Severo.

La concezione capitalista-liberista si impernia su un paradigma che è anche morale, ma non solo. Esso viene riassunto nel principio della Società Aperta di Popper. Il paradigma si basa sostanzialmente su queste categorie:

  1. La società moderna deve essere aperta, quindi libera. Oltre alle libertà politiche e culturali (libertà di espressione sui media, libertà d’opinione, ecc.) essa deve garantire anche la libertà economica. La libertà economica produce il mercato, fonte dell’arricchimento sia delle società che degli individui (ma non di tutti). Il mercato seleziona in modo darwiniano gli operatori più efficienti, eliminando i meno efficienti.
  2. La politica, a imitazione del mercato, va basata sulla democrazia rappresentativa pluralista, ovvero sulla competizione tra più partiti. Gli elettori sono assimilati a compratori di prodotti politici. Oppure, in chiave darwiniana: gli elettori sono ambiente che seleziona genotipi politici detti partiti.
  3. La libertà va concepita soprattutto come libertà negativa, non come libertà positiva, nel senso che Isaiah Berlin[10] dà a questi concetti. Se voglio andare a cena in un ristorante costosissimo, sono libero di andarci in modo negativo se mi si lascia entrare comunque, indipendentemente dalla mia religione, etnia, sesso, orientamento sessuale, opinione politica, ecc. La mia libertà è positiva se ho abbastanza soldi per pagare la cena. Nella visione liberale, la libertà positiva non può essere eguale per tutti, non tutti possono avere abbastanza soldi per offrirsi cene di lusso. Massimo impulso va dato invece alle libertà negative, cioè ai diritti civili, ma sistemi politici che vogliono imporre più eguaglianza economica dall’alto sono dispotici – fascisti o comunisti, o entrambe le cose.
  4. La massima libertà economica e politica segna la fine delle credenze religiose e metafisiche, quindi la ragione scientifica e la tecnologia senza remore moraliste vanno sviluppate al massimo. Lo spirito scientifico deve guidare le società, e la tecnologia da esso derivata va sviluppata senza ostacoli. Del resto, la scienza si sviluppa perché al proprio interno segue il criterio della “prova ed errore”, molto simile al criterio della competizione mercantile. Il mercato aperto è l’equivalente economico del metodo scientifico, che seleziona teorie in competizione.
  5. Non si vieta agli stati e alle comunità di aver cura degli emarginati e dei perdenti. di chi soccombe nella lotta competitiva, o di chi non riesce a inserirvisi. Questo aver cura avviene attraverso forme di welfare o assistenzialismo, laico e religioso. Ma questi ammortizzatori caritatevoli non devono restringere la libertà economica e quindi le regole spietate del mercato.

Questa concezione discende non da un modello familiare, ma da una visione del tutto ermetica della società. Dal dio Ermes, l’angelo sempre in movimento.

4. Ermes e Padre Severo

 

Ora, perché chi segue questi pilastri dell’Ermes disincantato tendeva, almeno fino a poco tempo fa, a coalizzarsi politicamente con chi segue i pilastri – apparentemente incompatibili – del Padre Severo?

In effetti, in moltissimi casi i due paradigmi entrano in tensione. Ad esempio, Ermes disincantato sostiene l’immigrazione: l’afflusso di manodopera da paesi più poveri ha l’effetto di far diminuire complessivamente il costo del lavoro, perché gli immigrati si accontentano di compensi più bassi. Gli immigrati forniscono manodopera a buon mercato per lavori umili o gravosi che gli indigeni non vogliono più fare per paghe troppo basse. Al contrario, il partito del Padre Severo si basa sull’assunto che la cittadinanza va riservata a chi è nato da persone nate in quel territorio (jus sanguinis).

Ad esempio, Ermes disincantato è del tutto favorevole allo sviluppo della ricerca biologica, dato che questa porta a nuove scoperte utili all’industria biotecnologica. Quindi, Ermes disincantato garantisce la libertà di ricerca sulle cellule staminali o sugli embrioni umani. Invece il credo del partito del Padre Severo considera piena la vita al concepimento. I conservatori americani lanciarono una campagna per far insegnare la teoria creazionista nelle scuole – detta anche teoria del progetto intelligente nella costituzione dell’universo – come ipotesi scientifica alternativa al darwinismo. Ma che cosa ha a che vedere la fede ermetica nella scienza con le farneticazioni bio-teologiche dei Padri Severi?

Gli esempi di contraddizione potrebbero moltiplicarsi. Eppure, a parte alcune eccezioni, la Grande Alleanza tra Ermes disincantato e Padre Severo nell’insieme ha retto fino al 2016.  Perciò per tanti anni alle elezioni italiane si è avuta una coalizione tra la Lega (partito che più di ogni altro interpreta la reazione estiaca al cosmopolitismo) e il partito di Berlusconi, che, almeno inizialmente, si poneva come corifeo di Ermes, espresso nelle tre i (inglese, internet, impresa).

Di solito, i partiti liberisti – che esprimono Ermes disincantato – sono rimasti dappertutto sempre alquanto minoritari. In Italia, nella 1° Repubblica, abbiamo avuto i partiti liberale e repubblicano, che non sono mai diventati di massa. In Gran Bretagna il partito liberale – chiamato Alliance – è schiacciato da sempre tra laburisti e conservatori, non ha mai vinto un’elezione. Un po’ meglio è andata per Ciudadanos, il partito liberale di origine catalana, dato che ha raggiunto circa il 16% nelle elezioni politiche del 2019.

Insomma, il paradosso (apparente) è che i partiti che rappresentano più puramente la realtà nella quale viviamo – il mondo liberal-democratico e capitalistico – sono rimasti sempre partiti “di nicchia”. Le forze politiche che di fatto hanno governato e governano i paesi plasmati dalla rivoluzione liberale sono quasi sempre non-liberali, o francamente anti-capitaliste. È questo uno scarto talmente evidente che non lo si vede più: il capitalismo di fatto prospera in paesi gestiti politicamente da movimenti storicamente e geneticamente estranei od ostili al capitalismo. I grandi partiti di massa – e di governo – erano e in parte rimangono o partiti marxisti e social-democratici, o confessionali, o nazionalisti, o “populisti”. Ma la rivoluzione capitalista-liberista in sé non è né marxista, né social-democratica, né confessionale, né nazionalista, né populista. Dovrebbe stupire il fatto che nell’epoca della globalizzazione le destre europee erano rappresentate soprattutto da partiti nazionalisti – il gaullista in Francia, Forza Italia (la patria!) in Italia, partiti confessionali come la CDU in Germania o il Partito Popolare in Spagna, il jingoism[11] dei conservatori inglesi, ecc. E che ha a che fare il patriottismo nazionalista con la vocazione internazionalista del capitalismo?

Sin da bambino mi è stato insegnato che il Risorgimento italiano, e quindi l’unità d’Italia, fu impresa della borghesia italiana che cercava di unificare i vari mercati in cui era divisa l’Italia. Ma si tratta di una sciocchezza. La borghesia italiana più florida e moderna era nel Lombardo-Veneto, a Milano e a Trieste, che erano parti dell’impero austro-ungarico. Se si trattava di unificare dei mercati, l’impero degli Asburgo era più unito e sviluppato dell’Italietta che ne è uscita poi. Insomma, il nazionalismo non ha nulla a che vedere con la concezione capitalista-liberista, dato che questa tende spontaneamente verso la mondializzazione.

5. “Famiglie, vi amo!” – “Famiglie, vi odio!”

Ermes disincantato pare non avere una matrice morale familiare – Ermes era un dio del tutto extra-familiare, sempre altrove. Questa diffidenza o avversione nei confronti delle chiusure familiari è stata fatta propria dalla tradizione liberal e radical. Nella Società Aperta, anche la famiglia si apre e si combina con altre famiglie. Da sempre l’intellighentja di sinistra è ostile alla famiglia e ai suoi valori[12]. Nella cultura socialista cova sempre un’utopia di tipo platonico: l’auspicata dissoluzione delle famiglie nella politeia, nella Res publica. Come diceva André Gide: “Famiglie, vi odio!”[13]

Invece, i conservatori si proclamano i corifei dei “valori familiari”. Il loro paradigma è “Dio, patria, famiglia”. Anche chi è di sinistra può credere in Dio, essere patriota e avere famiglia, ma… non è la stessa cosa. I conservatori, quando invocano la famiglia, si riferiscono proprio alle singole famiglie, ripiegate su sé stesse: sono le famiglie chiuse a dover essere tutelate. Per loro lo stato funziona a dovere quando lascia a ciascun capofamiglia tutta la libertà di operare – magari picchiando i figli ed evadendo le tasse. E imponendo ai figli una certa cultura, ad esempio del tutto religiosa e anti-scientifica. È vero che la concezione del Padre Severo concepisce lo stato stesso come un padre severo, ma la profonda diffidenza nei confronti dello stato centrale (“Roma ladrona!”, “A Washington sono tutti marci!”, ecc.) prescrive che esso non debba mai prevaricare sulla famiglia singola – guidata dal padre severo – né interferire nella sua dinamica. Insomma, per i conservatori conta la famiglia così com’è.

Invece per la Madre che Accudisce le funzioni familiari vanno in larga parte delegate allo stato: la vera Estia non è la famiglia ma la società. Per la sinistra, la figura amorosa della madre che allatta viene spostata alla società, che soccorre attraverso lo stato assistenziale.

In effetti, l’agenda politica conservatrice riserva alla famiglia, e alla propaganda volta alle famiglie, molto tempo e denaro. Invece i liberals preferiscono concentrare le loro energie su temi più “sociali”, come i diritti delle minoranze e delle donne, il sistema sanitario, i finanziamenti alla cultura, le disuguaglianze, ecc. Perché nel fondo la sinistra sogna – anche se non osa teorizzarlo esplicitamente – il superamento della famiglia. Come avvenne nei kibbutz israeliani delle prime generazioni, animati da ebrei per lo più socialisti. Il modello familiare all’origine del cuore di sinistra vuole delegare la funzione materna alla società, che agisce come stato.

Il presunto isomorfismo tra pubblico e privato in Lakoff è effetto di due dinamiche opposte: mentre il conservatore vagheggia uno stato che imiti il Padre Severo della propria famiglia, la persona di sinistra vagheggia un genitore che imiti la Società che Nutre e Accudisce. Insomma, le priorità date dai due movimenti alla famiglia da una parte e alla società dall’altra, al genitore da una parte e allo stato dall’altra, sono invertite: per la destra la famiglia è il modello e lo stato ne è il sostegno, per la sinistra la società (e lo stato, che ne è la “mente”) è il modello e la famiglia ne dovrebbe essere il sostegno. D’altro canto, mentre il conservatore proietta sulla famiglia un modello di dittatura politica, lo spirito di sinistra proietta sulla società e sul suo stato un modello di dolcezza familiare. La destra vuole la famiglia come uno stato severo, la sinistra vuole lo stato come una famiglia che accudisca.

La sinistra pensa che l’essere umano sia buono per natura ma che lo Stato debba essere ancor più buono di lui. La destra pensa che l’essere umano sia cattivo per natura ma che lo Stato debba essere ancor più cattivo di lui.

Ora, questo riferimento comunque fondamentale alla famiglia – vuoi in positivo, vuoi in negativo – viene a cadere in Ermes disincantato. Secondo questa visione totalmente outdoors, dobbiamo vivere in un mondo sempre aperto, quindi radicalmente competitivo e spietato, che richiede a ciascuno un adattamento continuo a situazioni nuove. Questo modello di competizione – che inneggia alla flessibilità – viene proiettato anche sulla famiglia e sulla coppia. Ne deriva la teoria del capitale umano[14]. Essa concepisce la famiglia come una joint venture, un’alleanza per portare avanti l’impresa familiare. L’impresa diventa il modello anche della famiglia, in quanto questa produce capitale umano. E come l’impresa prospera anche grazie a contratti, alleanze e negoziazioni, analogamente la famiglia vive grazie a contratti, alleanze e negoziazioni. Il divorzio tra coniugi sancisce la rottura del contratto. Nulla a che vedere quindi con la sacralità della famiglia conservatrice.

Ma allora la nostra domanda si ripropone: perché i partiti del Padre Severo, così legati ai “valori familiari”, si trovano alleati del partito che riduce ogni sodalizio umano a impresa?

È stata proprio la società capitalista e liberista a disgregare maggiormente l’Estia del Padre Severo. Essa ha promosso la secolarizzazione della vita e ciò che questo comporta:

  • il declino del patriarcato e l’affermarsi della parità dei sessi,
  • la promozione della scienza al posto della religione a garante delle verità ultime in cui credere,
  • il primato dell’individualismo e lo scemare delle viscerali solidarietà comunitarie,
  • la valorizzazione della partecipazione transitoria a scapito delle appartenenze identitarie,
  • il prevalere delle grandi macchine burocratiche al posto dei codici orali e delle norme tradizionali,
  • la promozione dell’”innovazione” e della disinvoltura tecnologica dei giovani a scapito dell’”esperienza” degli anziani,
  • lo sguardo oggettivo e non più moraleggiante sulle diversità individuali (quindi anche sui LGBT+), ecc.

Ateismo e individualismo sono stati un’invenzione dell’Illuminismo borghese e liberista. Del resto l’idea liberista fondamentale – la fiducia nella Mano Invisibile di Adam Smith – si basa sul presupposto di un egoismo generalizzato: ciascuno lavora per il proprio tornaconto – ovvero, per la propria famiglia – e non certo per fare del bene alla società. Quale idea meno cristiana di questa?

Mafia e camorra sono oggi così interessanti e ispirano bestseller e blockbuster, perché appaiono la massima esaltazione dell’ermetismo moderno. Ermes disincantato più puro e radicale è Ermes mafioso. Scrive Saviano[15] parlando della camorra:

Il mercato non permette concessioni a plusvalori umani. Non concede nulla. Devi vincere, commerciare. Ogni vincolo, fosse affetto, legge, diritto, amore, emozione, religione, ogni vincolo è una concessione alla concorrenza, un inciampo per la sconfitta.

Il paradigma di Ermes disincantato è insomma un Ermes mafioso.

6. “Dio, Patria, Famiglia – Mercato”

 

Quindi, il vero discorso decostruttivo, progressista, nichilista, è quello che oggi vien chiamato neoliberalismo, in realtà neoliberismo – la società aperta, il partito di Ermes disincantato. Esso prospetta la distruzione progressiva dei Focolari – ovvero delle comunità – a tutto vantaggio di una circolazione globale che sempre disloca e trasforma.

Ma è possibile chiedere alle moltitudini di essere tanto ermetiche? Possono essere ermetici i vincenti, i più potenti, i running ahead, dubito la gente comune. La rivoluzione liberal-capitalista ha potuto quindi imporsi solo conservando per le masse un’Estia di scorta. Non è possibile vivere nell’alienazione ermetica permanente: la famiglia rassicurante del Padre Severo da una parte, e la Società che Accudisce dall’altra, sono state offerte ai più come consolazione e riparo.

Capiamo allora perché i partiti di massa di oggi siano nati come partiti anti-capitalisti, anche se oggi quasi tutti sono venuti a patti col capitalismo. L’assetto politico dell’”Occidente” è essenzialmente frutto di una reazione al capitalismo per riequilibrarlo. La politica dell’”Occidente” non è il semplice riflesso, sullo schermo politico, della struttura del mondo liberale nel quale esso bolle: ne è soprattutto la compensazione, la domesticazione. Paradossalmente, la società capitalista moderna è anti-capitalista. Da un paio di secoli, le grandi organizzazioni di massa –confessionali, socialiste, nazionaliste, identitarie – hanno dovuto por rimedio agli effetti disgreganti del capitalismo, correggendone fratture e ferite. Questa disgregazione è espressa dallo slogan fortunato della “società liquida” e dalla denuncia dell’anomia. Si tratta di una società mercuriale. La fragilità dei matrimoni e delle famiglie viene anche citata come sintomo di disgregazione.

Si dirà che i conservatori trovano naturale sostenere l’impresa, la competitività, il libero mercato, perché la loro priorità morale è la responsabilità personale e l’affidamento su sé stessi. Ammirano chi si arricchisce perché il codice conservatore fa del Padre Severo un uomo che si ammazza di lavoro per farsi strada nel mondo e dar benessere alla propria famiglia. Il Padre Severo è anche un guerriero – l’imprenditore è un guerriero economico – nel suo rapporto con la concorrenza. Questo è in parte vero, ma molti conservatori non si rendono conto di quanto per altri versi il mondo competitivo delle imprese finisca con lo scardinare la famiglia tradizionale. E difatti una parte degli ambienti conservatori resta estranea od ostile al mondo dell’impresa e della finanza. Non dimentichiamo che per molto tempo il Sud Est americano, particolarmente razzista e agricolo, votava piuttosto democrat[16]. È stato per primo il conservative Trump a propugnare l’innalzamento di barriere tariffarie per difendersi dall’”invasione cinese”, in linea con le rivendicazioni protezioniste di sindacati come Afl-Cio e di certa sinistra democratica. Il midollo dei veri conservatori non è liberoscambista né globalizzatore. Il Padre Severo compensa l’”abominevole” anarchia capitalista con protezioni economiche e morali; e con un valore così poco capitalista come quello di patria. Il capitalismo industriale è nato in Inghilterra rompendo i limiti della nazione-focolare, non a caso la Gran Bretagna ha creato un enorme impero del tutto sparpagliato.

7. Le tre democrazie

Possiamo riportare questa tensione tra Ermes disincantato da una parte e i due modelli (di sinistra e di destra) dall’altra a un’opposizione collaudata, quella tra liberismo e democrazia? E in effetti, molte società moderne nascono liberiste, poco democratiche.

La democrazia si è innestata nelle società a sviluppo capitalista successivamente, grazie alla pressione dei movimenti giacobini e mazziniani. Abbiamo avuto comunque vari esempi di società liberiste niente affatto democratiche – ad esempio il Cile di Pinochet o la Singapore di oggi. Ma il punto qui in questione è diverso da quello classico dell’eterogeneità tra liberismo e democrazia.

Quasi tutte le forze politiche in “Occidente” oggi si proclamano democratiche. L’Occidente è riuscito a esportare in parte del mondo il principio secondo cui la legittimità di un governo deriva solo dal popolo, nella misura in cui esso decide attraverso il suffragio universale tra partiti in competizione, tra i quali vengono ammessi anche partiti con progetti eversivi. Ma questa democrazia è interpretata in modi diversi a seconda dei modelli seguiti – Padre Severo, Madre che Accudisce ed Ermes disincantato.

Per il conservatore, il protocollo democratico è il modo in cui le famiglie della “società profonda” esprimono le loro scelte, condizionando il Palazzo a cui sono eternamente ostili. La democrazia è vista dai conservatori come ‘famiglie versus potere centrale’.

Per la sinistra la democrazia è un modo in cui le masse più povere ed emarginate fanno sentire la propria voce, riducendo così il potere dei potenti, in particolare dei più ricchi. Il prodotto squisito della democrazia sarebbe il welfare state: grazie al voto dei più poveri, i più ricchi sono costretti a pagare tasse elevate per sostenere i servizi sociali per tutti. La democrazia è vista dalla sinistra soprattutto come uno strumento di redistribuzione del potere e della ricchezza.

Per i liberisti puri la democrazia invece è un’applicazione alla sfera politica della Mano Invisibile. La democrazia è vista dai liberisti come un mercato di promesse e scelte politiche che tende alla soddisfazione ottimale dell’insieme degli utenti delle decisioni politiche.

Anche se individualmente ogni elettore segue i propri sogni o deliri o ignora del tutto le poste politiche, il risultato elettorale globale tende all’ottimalità. Di fatto il processo democratico – si diceva fino a non molto tempo fa – isola gli estremismi e i totalitarismi eversivi. Come il mercato libero giunge sempre a una distribuzione ottimale delle risorse, analogamente una democrazia libera giunge per lo più a risultati ottimali. Una democrazia funzionante produce alternanza tra due schieramenti tutto sommato moderati. Questo permetterebbe di bilanciare le diverse esigenze nel corso del tempo: per un po’ la politica si spinge verso il liberismo mercantile, per un altro po’ si spinge verso il keynesismo, e sui tempi lunghi si disegna un certo equilibrio.  Ma questo non è più vero, come ormai ben sappiamo.

Il fascismo in Italia nel 1923, il nazismo in Germania nel 1933, sono andati al potere per via elettorale. Nel dicembre 1991 gli algerini dettero col libero voto il potere agli islamisti antidemocratici del FIS. Nel 2005 gli iraniani hanno dato il potere ai fanatici di Mahmoud Ahmadinejad, nel 2021 a quelli di Ebrahim Rais. Nel 2006 i palestinesi di Gaza hanno dato il potere ai fondamentalisti di Hamas. Leader ben poco liberali come Orbán in Ungheria o Erdogan in Turchia, per non parlare di Trump, dominano grazie al voto popolare. Non sempre la democrazia nei fatti soddisfa la narrazione democratica.

  1.  

8. Angelo per il focolare, focolare per l’angelo

Ai nostri giorni la figura di Ermes è esaltata perché il nostro mondo è sempre più dominato dal principio dell’innovazione, in esso nulla è stabile e fisso. Quando il cardinale Ratzinger attaccava il relativismo – rigetto in nome del quale fu eletto papa – attaccava l’ermetismo che dilaga nella cultura moderna. Egli criticava chi non si riferiva a qualcosa di assoluto, di sciolto dalle relazioni, come assoluta era Estia, fissata alla terra.

Eppure, una visione del mondo e della vita può diventare modo di pensare di massa, solo se essa compone in qualche modo Ermes con Estia. La differenza tra i paradigmi politici e morali consiste allora nel come questi distribuiscono le istanze di Estia e di Ermes.

Ora, il paradigma del Padre Severo pare enfatizzare al massimo la funzione di Estia: contano soprattutto i valori familiari. “La società non esiste”, diceva Lady Thatcher, enunciato apodittico di tutto il pensiero conservatore. Il conservatore liberista vuol proteggere la famiglia tradizionale da tutto ciò che la incrina perché la concepisce come famiglia naturale, negandone la relatività storica. Il suo richiamo all’ordine naturale – e la sua ripugnanza per le “teorie del gender” – è appello a un’umanità fissa, eterna, che non deve cambiare.

Eppure una concezione focolarista integrale, radicalmente conservatrice, coinciderebbe con una sindrome psichiatrica: con la paranoia, in particolare con quella persecutoria. Nel paranoico prevale radicalmente l’impulso regressivo verso il focolare, che porta al costituirsi di deliri. Il persecutore del paranoico è per lo più l’Altro che punta a entrare nel proprio focolare, addirittura nel guscio intimissimo della propria mente.

Ma anche un ermetismo totale avrebbe esiti psicotici, una società funzionante non potrebbe tollerarlo. Lo teorizzarono ad esempio Deleuze e Guattari[17]: con la loro schizoanalisi esaltavano un ermetismo sociale così radicale da coincidere con la forma di vita schizofrenica. Schizofrenia che loro opponevano ideologicamente alla società paranoica.

Ma le società reali non possono essere totalmente paranoiche né totalmente schizofreniche. Una società reale è sempre una paranoia temperata di schizofrenia, o viceversa.

Ogni paradigma politico-morale che non si risolva in una forma di follia deve quindi fare i conti con il reale, ovvero con ciò che lo minaccia come estraneo, inammissibile. Ogni narrazione – termine che preferisco decisamente a quello di ideologia – deve avere qualcosa di estatico, qualcosa che vada fuori di sé. Ogni paradigma narrativo insomma deve dare posto all’altro-da-sé, che lo compensa e lo relativizza. Quindi, una concezione radicalmente conservatrice finirebbe con il risultare marginale: un’apertura ermetica va sempre salvaguardata. E quest’apertura proviene oggi da Ermes disincantato. Se il Padre Severo non trovasse in Ermes Disincantato, se i conservatori non trovassero nei liberisti, il loro complemento e bilanciamento, allora il Padre resterebbe isolato, un’oasi grottesca. Sarebbero qualcosa di simile agli Amish americani, gli anabattisti che vivono secondo costumi e ritmi dell’Ottocento. Respingono l’uso dell’elettricità e del motore a scoppio, si spostano su calessi. Oggi essi risultano particolarmente simpatici, il che non toglie però che vivano in una certa marginalità, insomma „non fanno scuola“. Le idee regressive prosperano perché trovano nel liberismo sfrenatamente progressivo ciò che le equilibra e le rende credibili.

(Non mi si fraintenda: quando dico che Estia ed Ermes vanno sempre intrecciati in qualche modo, non voglio dire affatto che occorra puntare su una politica centrista, moderata, equilibrata. Al contrario, certe volte posizioni considerate all’inizio radicali, rivoluzionarie, utopiche si impongono. Fu il caso della Costituzione dei montagnardi del 1793 in Francia, considerata all’epoca del tutto utopica, ma che di fatto ha anticipato l’assetto delle società liberal-democratiche di oggi. Fu il caso delle suffragette britanniche a fine Ottocento, derise iniziatrici di un movimento epocale che ha portato non solo al suffragio esteso alle donne, ma alla parità di genere. Perché quel che produce il successo in politica è il kairos, il dire la cosa giusta al momento giusto. Ma queste posizioni radicali, questi salti in avanti, hanno avuto successo storico perché in qualche modo sono riuscite a trovare il punto di equilibrio tra tensione estiaca verso una focolarità ritrovata e tendenza ermetica alla novità e al rischio.)

Questo equilibrio tra Estia ed Ermes potrebbe spiegare, ad esempio, perché, malgrado un certo declino della religiosità in tutto l’Occidente, gli Stati Uniti restano il più religioso tra i paesi industrializzati[18]. Molti si sono chiesti perché la società più dinamica e modernizzatrice sia per altri versi più pia di società analoghe. Varie ipotesi sono state avanzate. Inglehart e Norris[19] spiegano l’alto tasso di partecipazione religiosa in America con la fragilità del welfare e della previdenza americane, rispetto all’Europa: la parte più vulnerabile della popolazione americana troverebbe nel solidarismo su base religiosa quella protezione dai rischi sociali che la res publica non assicura. Ma mi chiedo se questa funzione assicurativa e rassicurativa della religione non vada ben oltre il suo uso previdenziale: proprio perché gli Stati Uniti sono la società più ermetica, essa compensa l’eccesso di mobilità con un forte investimento focolarista. Lo sradicamento relativista sul piano mondano viene bilanciato da un radicamento nel trascendente.

Un’argomentazione simile potrebbe spiegare perché, a sinistra, gli intellettuali di fatto esibiscano un disprezzo dichiarato per i valori familiari, più di quanto non facciano i left behind, anche quando si schierano a sinistra. In effetti i meno colti hanno molto più bisogno di Estia, mentre i ceti culturalmente più forti possono adeguarsi meglio al mondo di Ermes. E questo perché abbastanza denaro e istruzione sostituiscono in gran parte il focolare: danno sicurezza e senso di potenza. L’intellettuale ricco è cittadino di una polis virtuale, invisibile, che oggi si dipana sempre più attraverso internet. Nella nostra società, ai poveri invece rimangono soprattutto la famiglia e gli amici attorno come luogo di appartenenza – oggi anche gli amici su Facebook o Instagram. Poter fare a meno del riferimento focale alla “mia famiglia” è un lusso che non tutti possono permettersi.

Quindi, dovremmo superare il criterio che concepisce le ideologie come sistemi coerenti, tali i sistemi logico-deduttivi. Piuttosto occorre cogliere in ogni idea etico-politica anche la propria contraddizione: un sistema morale funziona non perché sia coerente ma proprio perché si misura, sempre, con le proprie contraddizioni. Così, molti individui oscillano tra Padre Severo e Madre che Accudisce, magari ispirandosi a un modello o all’altro a seconda delle circostanze.

A un primo livello, è vero che percepiamo un sistema politico-morale come contraddittorio solo perché non lo capiamo. Ma capire veramente una concezione – propria o di altri – non significa solo ricostruirne la coerenza interna. Va capito anche che la realtà contraddice sempre le nostre idee (qualunque esse siano) e che queste – per restare credibili – devono quindi sempre dar posto a ciò che le relativizza, le delude e le supera. La contraddizione, insomma, non è solo qualcosa di negativo da denunciare, è anche linfa delle visioni politiche, nella misura in cui ogni narrazione – essendo sempre una riduzione di complessità – deve aiutarci a vivere comunque in un reale troppo complesso. La semplificazione del mondo è un’arma di sopravvivenza.

9. Libertini col posto fisso

Nella posizione di Madre che Accudisce si produce un’altra contraddizione. Non siamo solo genitori che nutrono e coccolano: molti di noi – o una parte in ognuno di noi – hanno pulsioni del tutto diverse. Siamo egoisti, calcolatori, preferiamo avvantaggiare noi stessi e la nostra famiglia a scapito degli altri, siamo ambiziosi, competitivi, vogliamo avere tanto danaro, essere ammirati, odiamo certe persone e idee, ecc. Che cosa fare con questa parte impresentabile di noi, che il discorso conservatore a suo modo sdogana e valorizza?

La visione conservatrice mette tutto l’ermetismo nella vita economica e nel lavoro; la sinistra lo mette piuttosto nei rapporti comunitari e nella stessa vita familiare. L’importante per la sinistra è che la famiglia si apra al massimo al mondo esterno, che le comunità locali si aprano, che accettino gli outsider, i matti, gli immigranti, i LGBT+. La sinistra vuole che la cultura si apra alla critica e al dubbio, che gli individui si aprano sul sociale, che il lavoro si apra sulla realtà esterna al proprio ambito specialistico, ecc. Gli esperimenti culturali provocatori vanno valorizzati; i ruoli stabiliti di uomini e donne, genitori e figli, insegnanti e insegnati, ecc., vanno relativizzati. Nulla è più certo. Insomma, nell’ambito della vita familiare e comunitaria, la sinistra si fa promotrice di una massima apertura ermetica.

Ma come rendere possibile e felice questa massima apertura? Grazie al posto fisso.
Ovvero, occorre che lo stato ci garantisca tutti i servizi essenziali e soprattutto il lavoro, senza rischi e incertezze. Da qui l’opposizione della sinistra a ogni riforma che tenda a rendere il lavoro flessibile, cioè a rendere l’impiego meno sicuro e permanente[20]. Il cuore di sinistra accetta senza problemi che una donna, abortendo, si rifiuti di essere una madre che accudisca, ma pretende che lo stato sia sempre una Madre che Accudisca: che gestisca maternamente l’interruzione di gravidanza. Nessuna censura sulle opere d’arte, nemmeno su quelle più oscene – ma guai se un piccolo imprenditore si permette di licenziare qualche operaio per salvare l’azienda! La grande apertura ermetica vagheggiata dalla sinistra si consuma entro un grande contenitore estiaco: lo stato accudente che a tutto provvede, dalla culla alla tomba. La sinistra aspira insomma – come aspira qualsiasi discorso politico, in fondo – a disinnescare la dimensione tragica che traligna in ogni progetto ermetico, il quale implica sempre rischio, deterritorializzazione[21] e alienazione. Vagheggia uno Stato universale come grande madre che garantisca le nostre vite. Anche se l’ideale della grande madre si risolve spesso nella realtà del grande Fratello.

Possiamo quindi vedere tutti i grandi discorsi politici di massa – socialisti, nazionalisti, etnocentrici, confessionali, populisti – come forme di resistenza alla società capitalista e liberale, aperta. Ma sarebbe ingenuo vedere queste resistenze solo come un intralcio alla rivoluzione capitalista, chiamata fino a poco tempo fa globalizzazione: queste resistenze al capitalismo sono anche, per altri versi, le condizioni del suo successo. Questo è il lato che il cosiddetto pensiero critico o alternativo assolutamente non vede. I discorsi della Madre che Accudisce (sinistra) assumono pienamente l’ermetismo liberale sul piano dei valori culturali ma lo respingono, in modo più o meno netto, sul piano economico e nell’organizzazione del lavoro. I discorsi del Padre Severo (destra) respingono i valori liberali sul piano culturale, ma li accettano integralmente sul piano economico e dell’organizzazione del lavoro. Entrambe, quindi, nel fondo recepiscono il capitalismo liberista ma, allo stesso tempo, in qualche modo vi resistono. E così resistendo, nel fondo, lo nutrono.

È vero che negli ultimi anni la globalizzazione liberista, il suo progetto di pace perpetua assicurata dai mutui interessi economici in un gioco win-win, si è infranta contro una rinascita quasi furibonda di nazionalismi, sovranismi, fondamentalismi religiosi… La guerra russo-ucraina sembra ripiombarci nelle guerre nazionaliste dell’Ottocento, in nuove “guerre civili europee”. Da qui la sensazione di molti che stiamo andando indietro nel tempo, che stiamo “tornando alla storia”[22]. Perché pensavamo che l’ermetismo liberista avesse ormai distrutto tutti i focolarismi. L’estrema destra (Trump, Marine Le Pen, Salvini, Orbán, Putin) si propone oggi come alternativa radicale ai valori liberali di Ermes disincantato. Ovvero, sta emergendo sempre più forte una visione illiberale che si richiama alle focolarità egemoni nel passato: la nazione, la religione, la conquista territoriale, la centralità della famiglia, l’eterosessualità.

NOTE

[1] Si veda: J.-P. Vernant, “Hestia‑Hermes. Sull’espressione religiosa dello spazio e del movimento presso i Greci” in Mito e pensiero presso i Greci, Einaudi Torino 1978, pp. 147‑200. M. Vegetti, “Akropolis/Hestia. Sul senso di una metafora aristotelica” in Aut aut, n. 220‑21, 1987. S. Benvenuto, “Hestia-Hermes: la filosofia tra Focolare e Angelo”, Aut Aut, 258, Nov.-Dic. 1993, pp. 29-49. S.B., “Il confine tra Estia ed Ermes”, Doppiozero, 23 febbraio 2019, https://www.doppiozero.com/materiali/il-confine-tra-estia-ed-ermes. S.B., “Il focolare e l’angelo”, in Eleonora de Conciliis, a cura di, Fuori. Evasione, esposizione, esteriorità, Kajak edizioni, Napoli 2021, pp. 145-162. https://www.sergiobenvenuto.it/meditare/articolo.php?ID=171.

[2] Autore di La rivoluzione liberale (1924), Einaudi, Torino 2008.

[3] Per „Occidente“ intendiamo non solo Europa e Nord-America, ma anche paesi ad alto sviluppo industriale e a sistema politico liberal-democratico come Israele, Giappone, Corea del Sud, Taiwan, Australia, Nuova Zelanda.

[4] C. Invernizzi Accetti, Vent’anni di rabbia, Mondadori, Milano 2024.

[5] Ho analizzato questi dati in: S. Benvenuto, Il teatro di Oklahoma, Castelvecchi, Roma 2021.

[6] J. A. Schumpeter, Il capitalismo può sopravvivere? La distruzione creatrice e il futuro dell’economia globale, Rizzoli, Milano 2010. J. A. Schumpeter, Capitalismo, socialismo e democrazia, Rizzoli, Milano 2001.

[7] Rizzoli, Milano 1991.

[8] G. Lakoff, Moral Politics: How Liberals and Conservatives Think, University of Chicago Press, Chicago 1966.

[9] W.V.O. Quine (1960) Word and Object. Cambridge, Massachusetts, MIT Press, 2013, p. 54 n. 2.

[10] I. Berlin, Libertà, Feltrinelli, Milano 2010.

[11] Questo termine designa un patriottismo britannico forsennato che implica una politica estera aggressiva.

[12] Sulla tradizione anti-familista della sinistra, rimando a: S. Benvenuto, “”Famiglie, vi odio….””, in Giuliana Bertelloni, Simone Berti, Pier Giorgio Curti, Il disordine della famiglia, V/2006, Edizioni ETS, Pisa, 2006, pp. 23-45.

[13] A. Gide, Les nourritures terrestres (1897), Gallimard, 1960.

[14] È la teoria sviluppata dalla scuola economica di Chicago (Frank Hyneman Knight, Gary S. Becker, Ronald Coase, Aaron Director, Milton Friedman, Merton H. Miller, Richard Posner, George J. Stigler.).

[15] R. Saviano, Gomorra, Mondadori, Milano 2006, p. 88.

[16] La ragione manifesta era che A. Lincoln era un republican, quindi al Sud il GPO era identificato al partito nordista. Al Sud – almeno prima della svolta integrazionista dei democrats con L. Johnson, negli anni ‘60 – il voto per i democratici esprimeva un voto contro il capitalismo industriale del Nord.

[17] G. Deleuze e F. Guattari, L’Anti-Edipo. Capitalismo e schizofrenia, Einaudi, Torino 1975.

[18] Negli ultimi 70 anni la fede religiosa è declinata anche negli USA. I non-affiliati ad alcuna religione sono passati dall’1% del 1950 al 21% del 2021. Nel 1950 oltre il 70% degli americani si dicevano membri di una chiesa, nel 2020 solo il 47%. Eppure gli Stati Uniti, con il 47% di partecipazione alle funzioni religiose da parte dei cristiani, si mostrano ancor oggi di gran lunga più religiosi degli europei (dove andiamo dal 3% della Danimarca, al 5% di UK, al 21,5% della Spagna, al 38% dell’Italia). I paesi con la partecipazione religiosa più alta al mondo sono di solito paesi africani.

[19] Pippa Norris, Ronald Inglehart, Sacred and Secular: Religion and Politics Worldwide, Cambridge University Press, Cambridge 2004.

[20] La tendenza oggi prevalente è non più di assicurare al lavoratore un posto di lavoro permanente, perché oggi niente è più permanente, ma nell’aiutare il lavoratore stesso nelle fasi critiche di disocuppazione o di sotto-occupazione. La sinistra tradizionale resiste fortemente a questo spostamento di accento.

[21] Riprendo questo termine dal pensiero, oggi dominante tra molti intellettuali, di Deleuze e Guattari.

[22] Cfr. R. Esposito, „Il Ritorno della Storia“, European Journal of Psychoanalysis, 9-III-2022, https://www.journal-psychoanalysis.eu/articles/il-ritorno-della-storia/.

Invia una risposta

Il tuo indirizzo mail non verrà reso pubblicoI campi richiesti sono contrassegnati *