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Trump a Napoli

Ho trascorso qualche giorno a Napoli a luglio, e ho chiesto a gente comune che cosa pensassero del loro sindaco, Gaetano Manfredi, in carica dal 2021. La risposta generale è stata una bocciatura. “Non ci è simpatico”. Perché?

La risposta più vivida mi è stata data da un taxista, che – detto per inciso – si rifiuta di usare la cintura di sicurezza per sé quando guida, come del resto gran parte dei taxisti partenopei:
“Non sentiamo il sindaco uno dei nostri. Non parla mai, non si fa vedere. Poi è tifoso della Juve, si figuri! Lui è magro mentre noi napoletani tendiamo a essere rotondetti. Lui è sempre bianco e pallido anche d’estate, mentre noi di Napoli siamo sempre abbronzati. Sarà stato anche un ottimo rettore della nostra Università, ma noi napoletani non siamo studenti!”
.

Non bisogna affatto credere che le esternazioni di questo taxista fossero particolarmente becere, anzi, le altre erano dello stesso tenore. Mi chiedo però come facciano a sapere che Manfredi tifi per la Juve. Lo ha dischiarato pubblicamente?

Se fossi un intellettuale ZTL di sinistra, mi sarei stupito di queste reazioni. Mi sarei aspettato che la gente lo rimproverasse per cose fatte o non fatte, per non gestire bene la nettezza urbana, per non saper regolare bene il traffico o cose simili. No, quel che tutti dicono è “Non è uno dei nostri!” In realtà lui è nato in un paesino vicino Napoli e ha fatto tutta la carriera all’Università di Napoli, fino a diventare ministro dell’Università per il governo Conte II. Ma tutto questo non conta. Gli nuoce il suo esser percepito come un intellettuale, e il napoletano non si identifica agli intellettuali. L’ex-sindaco De Magistris, invece, era amato perché parlava molto in modo saporito, e soprattutto aveva un fisico da napoletano. Il fatto poi che a Manfredi sia attribuito il tifo per la Juventus è esiziale: è una squadra del Nord! Ed è o era una squadra vincente, di ricchi e potenti. Manfredi è di razza torinese, non di quella dei “poveri cristi”, come spesso i napoletani dicono di essere.

È quel che spiega il successo di un Trump tra gli americani, anche se può sembrar strano trovare profonde analogie tra napoletani e americani. Trump parla un inglese sciatto, spesso volgare, con frasi dozzinali che chiunque potrebbe dire in un diner, sfrutta i clichés a cui crede la gente comune, a cominciare dagli haitiani che mangiano cani.
“Trump è uno come noi!”. Anche Achille Lauro, il famoso e ricco armatore fascista che divenne sindaco di Napoli negli anni 1950, era molto amato proprio per i suoi tratti volgari, popolareschi, per la sua parlata strafottente, insomma “ricco sì, ma uno come noi”

Per gli intellettuali, sia di sinistra che di destra, quel che conta è l’economia. Alla fine è essa che decide, credono. Macché!
Altro che diseguaglianze economiche, che tassi di povertà o d’inflazione, altro che coefficiente Gini, quel che conta è l’identità, “l’essere dei nostri”. Il politico della democrazia populista non deve essere particolarmente intelligente, esperto od onesto, deve rassomigliarmi. Deve farmi sognare la gloria proprio perché è uno come me. Tempi duri, durissimi, per gli intellettuali nelle democrazie.

1 pensiero riguardo “Trump a Napoli

  1. Mi sa che c’è quello che dici, anche se i tassisti con cui parlo io qua sono generalmente più intelligenti di quelli di cui parli. Aggiungo che credo che destra e sinistra non bastano per capire un po’ meglio il pensiero politico. C’è anche un”altra dichotomiache è più psicologica e che talgia da su a giù (anche se non proprio verticalmente) quella contrapposizione orizzontale . Come chiamarla? diciamo apertua mentale e chiusura mentale. Se la chiusura mentale è più consona alla destra che alla sinistra, c’è anche un autoritarismo di sinistra, come ben sappiamo.

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